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Nato in Danimarca negli anni ’60 del secolo scorso, il cohousing si è rapidamente diffuso in tutto il mondo: prima i paesi del Nord Europa, poi oltreoceano tra Stati Uniti e Canada. Recentemente è arrivato anche in Italia, con il primo progetto concluso nel 2009 a Milano. Un modo di intendere l’abitazione innovativo e vincente, la cui bontà è testimoniata proprio dal successo danese: dopo dieci anni dal primo tentativo quasi sperimentale, erano già sorti ventidue insediamenti.
Ma esattamente cos’è il cohousing?
Principali caratteristiche del cohousing
Il termine inglese significa letteralmente “abitare insieme”, “co-abitazione”: il cohousing è una forma di abitazione che unisce privato e comune. Si tratta di una serie di alloggi privati completati da diversi spazi comuni a disposizione dei cohousers. In altre parole, alla classica casa o appartamento privato, si aggiungono un insieme di luoghi condivisi destinati all’uso collettivo e partecipativo. Tra questi rientrano, per esempio, sale per riunioni o feste, zone giochi per i bambini, uno spazio dedicato al ristoro, lavanderie, biblioteche o circoli associativi. Si tratta di ricreare la socialità e convivialità tipica del villaggio, declinata secondo le esigenze e le modalità contemporanee: rispetto della privacy e prevenzione alla solitudine. Le zone comuni, infatti, sono pensate e progettate in maniera condivisa da tutti i cohousers, secondo quella che viene chiamata progettazione partecipativa: tutti i portatori di interesse al progetto sono chiamati a dare il loro contributo nella sua ideazione e realizzazione. In questo modo, non solo si crea un’intesa valoriale alla base della comunità, ma soprattutto gli spazi comuni saranno il risultato di uno sforzo condiviso e collettivo.
Vantaggi sociali, ambientali ed economici
Come detto, la co-residenza coniuga privato e comune per favorire l’incontro e la condivisione. Questo significa che l’insediamento abitativo così realizzato diventa una vera e propria comunità, finalizzata al vivere bene per tutti. Ogni progetto ha le sue caratteristiche, ma in generale la vita all’interno del cohousing è organizzata in modo da facilitare i suoi abitanti: per esempio, gli anziani possono fornire il servizio di baby-sitting mentre i più giovani aiutano nel fare la spesa.
Oltre a un’organizzazione sociale che stimola rapporti di buon vicinato e cooperazione, il cohousing presenta anche notevoli vantaggi economici. I cohousers, infatti, possono mettersi d’accordo per spese condivise, che probabilmente non potrebbero permettersi singolarmente. In tal modo si migliora la qualità della vita, avendo a disposizione servizi, oggetti, impianti acquistati in maniera condivisa per l’uso di tutti.
Non da ultimo vi sono anche dei vantaggi ambientali, soprattutto per quanto riguarda il risparmio energetico: il cohousing è infatti orientato alla riduzione degli sprechi, alla gestione intelligente delle risorse e delle spese.
Cohousing in Italia
Negli ultimi anni questo modo di vivere insieme si è affermato anche in Italia. Il primo insediamento di cohousing italiano risale al 2009, l’Urban Village Bovisa: trentadue unità abitative private con spazi in comune all’aperto e coperti, dal giardino alla piscina, dal deposito merci alla lavanderia.
Questo modo di vivere sta conquistando piano piano tutta la penisola: ci sono svariati progetti, in corso e realizzati, sempre a Milano e recentemente è nato il primo insediamento di cohousing a Bologna. Si tratta del “porto 15”, dove diciotto famiglie di under 35 hanno deciso di vivere in co-abitazione, condividendo spazi comuni che ogni settimana decidono come utilizzare. A Roma è invece nato un classico esempio di cohousing sociale: una casa condivisa da anziani, che evita l’isolamento e la solitudine dell’ospizio coniugando le necessità delle persone anziane con un notevole risparmio rispetto ai costi di un istituto classico.
Un modello avvincente che si sta affermando sempre di più tra tutte le fasce d’età, per vivere in maniera autonomamente condivisa.