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A distanza di 30 anni dalla messa al bando dell’amianto, avvenuta con l’emanazione della legge quadro 257/92 e successivi decreti attuativi regionali, nel nostro Paese il problema dello smaltimento dei manufatti che contengono questo materiale è una questione rimasta aperta.
In un immobile costruito prima del 1994 si può ancora trovare amianto nella copertura dell’edificio, attorno ai tubi del riscaldamento, all’interno delle pareti, sulle travi del soffitto e sui pilastri portanti, nelle grondaie, nelle piastrelle del pavimento e persino nelle guarnizioni dell’impianto idraulico.
Con tutta probabilità questa situazione è determinata dal fatto che, sui possessori di abitazioni private, non incombe l’obbligo legale di denunciare la presenza di componenti a base di amianto all’interno degli edifici di loro proprietà.
La procedura di smaltimento dell’amianto nelle abitazioni
Il nostro è stato il primo Paese appartenente all’UE a mettere al bando l’amianto: il relativo provvedimento inibitorio era basato sulle affermazioni di studi scientifici secondo i quali le particelle di questo materiale, se inalate, favoriscono l’insorgenza di patologie tumorali polmonari.
Un’apposita normativa a tutela della salute pubblica ha, quindi, vietato la produzione e la commercializzazione di manufatti contenenti amianto, dettando anche le disposizioni relative all’eliminazione di questo materiale dalle strutture abitative.
Sulla base di quanto disposto dalla legge quadro 257/92 e dei successivi decreti attuativi regionali, la procedura di smaltimento dell’amianto prevede che il proprietario dell’abitazione svolga alcuni adempimenti, secondo un iter prestabilito:
- in primo luogo, effettua una notifica all’ASL competente per territorio, in cui denuncia la presenza di amianto (friabile o compatto) nell’edificio;
- dopo la comunicazione all’ASL, il proprietario di casa richiederà l’intervento in loco di un tecnico qualificato che esamini lo stato di conservazione dei manufatti in amianto e riferisca le sue valutazioni, riportandole in un documento denominato “Indice di Degrado” (ID);
- quindi, sulle risultanze tecniche dell’ID, presenterà un’istanza all’Agenzia di Tutela della Salute (ATS), proponendo un piano dettagliato dei lavori da eseguire.
Entro 30 giorni dalla ricezione del piano di intervento, l’ATS può autorizzare l’inizio dei lavori di smaltimento, oppure sollevare eccezioni e richiedere ulteriori verifiche relative alla situazione denunciata.
Gli operatori delegati alla procedura di smaltimento dell’amianto
L’esito della bonifica di un’abitazione in cui si rilevi la presenza di amianto è direttamente collegato alla competenza e alla perizia di chi esegue le operazioni di smaltimento: da qui la necessità di affidare il compito a un’azienda specializzata che, per qualificarsi tale, deve essere autorizzata a svolgere questo genere specifico di attività e dev’essere regolarmente iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.
Sul nostro territorio nazionale operano numerose ditte provviste dei requisiti necessari per effettuare trattamenti di bonifica degli immobili dall’amianto (ad esempio in Lombardia una delle più quotate è MBA Ambiente Milano) e, qualora una di queste aziende assuma l’incarico, dovrà svolgere la sua attività seguendo un protocollo obbligato:
- in via preliminare, la ditta effettua un sopralluogo per verificare la quantità di amianto presente nell’edificio;
- quindi, dà inizio all’intervento tecnico, isolando con speciali coperture l’amianto rinvenuto (incapsulamento o confinamento) e impregnandolo con prodotti che impediscono alle fibre di disperdersi nell’aria;
- se necessario, bonifica in via definitiva l’area interessata, rimuovendo i prodotti in amianto preventivamente trattati e conferendoli presso una discarica autorizzata.
Valutazione degli interventi tecnici e costi dello smaltimento
La scelta della tecnica di bonifica più opportuna, da effettuare in un appartamento in cui sia stata rilevata la presenza di amianto, va valutata caso per caso, dato che ognuna di esse presenta vantaggi e svantaggi.
A partire dall’incapsulamento che, talvolta, viene considerato come unico intervento, essendo anche il più semplice ed economico da eseguire: purtroppo, però, è anche quello più soggetto al deterioramento causato dagli agenti atmosferici e richiede revisioni periodiche che accertino l’integrità della copertura.
Allo stesso modo, il confinamento dell’area da bonificare presenta il vantaggio di evitare gli smantellamenti richiesti dalla verifica dell’incapsulamento, ma necessita comunque di una manutenzione regolare, volta a verificare lo stato di conservazione dell’amianto.
Sembra, quindi, che la soluzione di carattere definitivo sia quella che prevede la rimozione dei manufatti in amianto: una volta bonificata e liberata dalla presenza di sostanze nocive, l’area interessata non dovrà più essere monitorata e, sebbene sia una procedura piuttosto onerosa, nel lungo periodo la rimozione si rivela più conveniente rispetto alle altre tipologie di intervento.
Si consideri, infatti, che i costi di bonifica e rimozione comprendono anche tutte le attività accessorie direttamente collegate, come il trasporto e il conferimento del materiale rimosso in appositi impianti autorizzati ad accogliere e smaltire l’amianto.
Spesso, inoltre, l’eliminazione dei componenti in amianto si accompagna alla loro sostituzione con pannelli coibentati che, avendo una funzione di isolamento termico, migliorano l’efficienza energetica della casa e, di conseguenza, producono un risparmio sui consumi e sui costi dell’energia.